L'anima delle Moto

di Klaus

16-11-2004
Ho cambiato la moto da pochi giorni e mentre sistemo i documenti nel raccoglitore dedicato alle moto, do un’occhiata alle cartelline trasparenti che contengono la documentazione di tutte le moto che ho avuto nell’ultimo quarto di secolo, oltre ai bolli e alle fotocopie dei passaggi di proprietà c’è anche qualche fotografia, mentre sfoglio distrattamente le cartelline mi ricordo le caratteristiche proprie di ognuna e il carattere che avevano….

Il carattere, termine inappropriato se utilizzato con un mezzo meccanico, però come si può descrivere altrimenti il comportamento di una cosa che reagisce alle sollecitazioni in modo differente dalle altre cose della stessa specie?
Forse l’oggetto in questione non reagisce in modo differente, ma comunque la sensazione che provavo era quella, o forse rispecchiavo il mio stato d’animo sulla moto che guidavo, e magari lo faccio ancora….

Oppure come penso da sempre…. Le motociclette hanno l’anima!
E sono talmente convinto di questo, che preferisco comprare una moto usata rispetto ad una nuova.
Mi piace scegliere la moto anche in base al precedente proprietario, infatti nel corso degli anni mi è capitato di non comprare delle moto che desideravo, solo perché chi le vendeva non mi piaceva, e non ho venduto le mie moto a personaggi che non mi davano fiducia, anche se avrebbero pagao in contanti…

Ho anche comprato delle moto nuove, ma quando ho cominciato a guidarle mi sono reso conto che erano fredde, vuote, asettiche, senza anima, come se l’anima gliela passasse chi le guida, con il tempo, chilometro dopo chilometro, e quando hanno avuto tre o quattro proprietari, diventano umane, hanno gli acciacchi e gli umori tipici delle persone vissute, ma come loro sanno di non essere prime donne, non fanno i capricci e preferiscono scendere a compromessi invece di litigare.

Tutta questa teoria mi viene dalle cose che mi sono successe nel rapporto e lungo la strada che ho fatto con le varie motociclette, come ad esempio con:
La Motoguzzi California 850 T3, (la randagia) acquistata subito dopo il diploma delle superiori, da un tranquillo signore di mezza età, che la usava in estate per fare il pendolare da Roma a Nettuno dove mandava la famiglia in vacanza. Quella moto aveva fatto il pendolare per parecchi anni e per quarantamila chilometri, però il suo sogno era viaggiare, vedere posti nuovi, uscire anche in inverno, ed io l’ho assecondata, in due anni abbiamo percorso tutta l’Italia all’avventura, con pochi soldi ma con tanta passione, abbiamo divorato più di centomila chilometri d’asfalto.
Poi ho iniziato a lavorare come tecnico errante, con la macchina della società e mi è rimasto poco tempo per la moto, fino a quando in una bella giornata di primavera, sono andato con lei in centro e l’ho lasciata parcheggiata in piazza Del Popolo.

Quando sono tornato a prenderla non c’era più.

Ho fatto la denuncia di furto alle forze dell’ordine, ma sono convinto che sia andata via da sola, perché la sua vita era viaggiare, ed io non avevo più il tempo di seguirla….

Oppure la Cagiva 350 SST (l’eversiva) un monocilindrico due tempi che comprai da un tizio che la voleva rottamare, gli feci rettificare il cilindro e la rimisi a posto nel tempo libero, spendendo poche lire ma dandogli tanto amore. Quella moto funzionava come un orologio, aveva l’avviamento a pedale che bastava toccare per metterla in moto, insieme siamo andati in giro per Roma e dintorni per circa un anno, e tra i semafori abbiamo fatto respirare il fumo della miscela a molte moto più grosse, abbiamo fatto vedere a tante enduro da deserto che normalmente viaggiavano solo in città come si cammina su una ruota sola….. Poi il tradimento, l’ho venduta ad un mio cugino e mi sono comprato una enduro da deserto che aveva vissuto solo in città… La Cagiva da quel giorno si rifiutava di partire se non a spinta e nessun meccanico interpellato dal mio parente ha saputo o potuto risolvere il problema.
Io invece ho convissuto per qualche mese con la Kawasaki Tengai (la snob), ma non c’era feeling, il precedente proprietario la lavava una volta a settimana, e la guidava nel deserto di viale Parioli vestito esclusivamente di Lacoste o Monclear, sulle pedane appoggiava solo i mocassini di Cervone ed accarezzava la sella solo con i jeans Fiorucci…. Io non l’ho mai lavata, indossavo jeans Carrera, felpe senza marca e stivali da pompiere…. La moto mi rispondeva onestamente, ma non mi regalava sensazioni di nessun tipo, era come un bicchiere, utile per bere, ma uno vale l’altro.

Deluso dalla desertica enduro, ma innamorato del monocilindrico da oltre “mezzo litro” passai ad una Gilera Nordwest 600 (l’incompresa), era una supermotard come già costruivano in Francia, ma questo tipo di moto in Italia sarebbe diventata popolare dieci anni dopo, il problema vero oltre alle vibrazioni che allentavano tutti i bulloni, era che gli altri motociclisti la guardavano perplessi e poi si facevano un dovere di consigliarmi modifiche, tipo rimetti le ruote da enduro, sfila le forcelle qualche centimetro e mettigli il manubrio basso, cambia la marmitta e mettila stradale, oppure ma che l’hai costruita da solo coi pezzi dello sfascio? Mentre i più buoni alludendo al suo bel colore viola quando la vedevano mi davano una pacca sulle spalle e poi si grattavano i genitali, e non sempre in quest’ordine.

Le moto acquistate nuove invece erano poco propense a venire con me, si sentivano troppo importanti o io non gli piacevo e loro facevano i capricci, fatto sta che ad esempio la Ducati Pantah 600 (la pigra) era un’impresa portarla fuori dal garage, però una volta che con molti sforzi riuscivo a farla partire, era perfetta, mentre quando la portavo dal meccanico della casa, partiva sempre, senza mai perdere un colpo, e mi faceva passare per paranoico.

Al contrario la Morini Excalibur 500 (la fanatica) che aveva soggiornato per parecchi mesi nella vetrina del concessionario, era così abituata a mettersi in mostra e farsi notare che in un mese e mezzo tentarono di rubarmela tre volte, o forse era lei che chiedeva aiuto ai ladri per essere liberata da me…… L’ho accontentata, dopo solo due mesi e cinquemila chilometri dall’acquisto l’ho rivenduta, anche perché dormire sulla moto per non farsela rubare non era comodo.

Il rischio di furto non lo correva invece la Guzzi V75 otto valvole (la gladiatrice), acquistata da un meccanico che l’aveva elaborata. Appena comprata mi era caduta dal cavalletto laterale e gli si era frantumato il cupolino e ammaccato il serbatoio, così l’avevo spogliata, gli avevo montato un manubrio e un faro da enduro, inoltre avevo tolto tutto quello che mi sembrava inutile, tipo i fianchetti, i parafanghi il portapacchi e andavo in giro con questa moto essenziale, che faceva ridere i vari motociclisti seri e carenati vestiti di pelle, ma gli toglieva il sorriso quando restavano indietro…. Molto indietro! Parecchi anni dopo e siamo quasi ai nostri giorni tentai di ottenere lo stesso effetto con una BMW K100 RS (la stanziale) conosciuta come “il topone”, Moto ferma da alcuni anni e con la carenatura distrutta, io ho completato l’opera spogliandola e togliendo tutto quello che potevo togliere e mi sono trovato nuovamente con una moto essenziale, veloce e facile all’impennata, ma con una strana sindrome: si rifiutava di allontanarsi da Roma. Infatti in città la usavo quasi tutti i giorni senza problemi, mentre in occasione di alcune feste, dopo che l’avevo organizzata con tenda e tutto l’occorrente per il viaggio, all’ultimo momento mi lasciava a piedi, mettendo in moto si incastrava l’ingranaggio del motorino d’avviamento, oppure uscendo dal garage gli si fondeva tutto l’impianto elettrico, e per concludere mi ha accompagnato quasi fino a Viterbo dove ha fatto smettere di funzionare i freni….

E poi ci sono tutte le altre moto, ma riempirei ancora parecchie pagine per descriverne il carattere, invece quella che ho appena venduta si merita due righe.

L’affidabile Honda Shadow 1100 A.C.E. (la notturna). Una moto bellissima e perfetta, con lei ho superato ogni record di convivenza, l’ho presa che aveva viaggiato solo nella sua provincia, e aveva passato la maggior parte del suo tempo in un box o parcheggiata davanti ad un bar, insieme abbiamo girato per due anni e mezzo, senza cercare le pieghe al limite, senza fare le partenze a razzo, senza ingarellarci con le altre moto, ma godendoci le sensazioni che solo una strada statale può dare, salite e discese, curve e rettilinei affrontati tranquillamente, senza lo stress di dover superare o di essere superati, ascoltando le pulsazioni del motore e respirando i profumi intorno, viaggiando dopo la mezzanotte e spesso fino all’alba inebriandoci della sensazione di muoverci in un mondo fermo…. Però anche le più belle sensazioni se ripetute perdono il loro fascino, e quindi abbiamo deciso di comune accordo di fare nuove esperienze, lei è andata via con un signore distinto di mezza età che se ne è innamorato a prima vista, ed io ho accolto in garage una tipa completamente diversa, una BMW R1100GS, che negli ultimi tre anni ha percorso pochissima strada, e adesso ha una voglia matta di viaggiare, di vedere il mondo, di mettere le ruote fuori dall’asfalto e lasciarsi dietro una nuvola di polvere, di correre sulla riva del mare…. di correre sulla riva del mare…. di correre sulla riva del mare….

Da casa mia con mezz’ora si arriva al mare….

Ma si dai, andiamo a vedere come ce la caviamo sul bagnasciuga…

Klaus