di
Giovanni
Quando
si ha la passione di viaggiare in motocicletta ed è arrivato
l’inverno, si guarda fuori dalla finestra e si vede la strada
che si infila nella nebbia e sparisce, si va con la mente all'ultimo
viaggio fatto. Una gita in montagna con la luce dell'autunno che
evidenzia tutti i colori degli alberi in un viraggio incredibile
dal verde al marrone passando per il giallo ed il rosso e tu sei
lì, ci sei dentro ci viaggi immerso, non hai separazione
o protezione, ne fai quasi parte. Il mio pensiero qui si perde,
chissà se la prossima stagione potrò riprovare la
stessa emozione?
Per tutto l'inverno, ogni volta che ci troviamo,
tra compagni di viaggio, tra una chiacchiera su donne e motori
un caffè ed un grappino, il discorso va sempre a finire
sulle ipotesi di itinerari o giri da fare in moto con l'arrivo
della bella stagione.
Alcuni sono fantasiosi altri ipotetici, ma il punto
da superare è trovare la concomitanza dei tempi disponibili,
liberi da impegni di lavoro o di famiglia.
Una sera, era l'11 di marzo del '89, il mio compleanno,
ci ritroviamo in tavernetta a casa da mio fratello Roberto, davanti
ad una torta di mele ed una bottiglia di lambrusco, le nostre
mogli sono su in salotto che se la raccontano..., Gilberto taglia
una fetta di torta alza il bicchiere, rosso e schiumoso di lambrusco,
si ferma un attimo ci guarda e dice:
" andiamo in Jugoslavia". Il sasso è
stato lanciato, io e Robi ci guadiamo alziamo i bicchieri, brindiamo,
raccogliamo ed approviamo. In Jugoslavia dove? Poichè due
anni prima eravamo andati sull'isola di Krk, decidiamo per Cres,
la combinazione dei tempi è l'ultima settimana di giugno.
Il tempo scorre imperturbabile tra lavoro, famiglia
e qualche giretto domenicale, utile per testare la funzionalità
e la manutenzione delle moto, io (Giovanni) con moto Guzzi V50C,
Robi con moto Guzzi V50, Gilberto con BMW R45, tutte accessoriate
con borse-valigie e portapacchi. Gilberto è il più
meticoloso e prepara una lista, per tutti, con indicati gli accessori
di utilità per le emergenze, - cavetti per frizione e gas,
bombolette per riparazione forature, tubo di gomma per travaso
carburante, fascette, filo di ferro, straccetto pulito per pulizia
visiera casco, pinza universale, cacciavite a croce e qualche
chiave. Piccola scatola di pronto soccorso con qualche cerotto
e bottiglietta di acqua ossigenata, prodotto per punture da insetto,
aspirina.
Mancano, oramai, 15 giorni all'appuntamento per
la partenza, Gilberto nel lucidare il serbatoio si accorge che
sotto, nel punto più basso, è bagnato di benzina,
guardando accuratamente scopre una piccola bolla nella vernice,
con l'unghia la rimuove e da un microforo inizia a gocciolare
benzina. Un attimo di panico!! Riuscirà a ripararla in
tempo? La sera stessa urgente riunione tecnico-strategica, ci
ritroviamo tutti nel mio garage che è il più attrezzato
(è una mini officina). Si svuota e si smonta il serbatoio,
lo appoggiamo capovolto sul banchetto di lavoro, grattando nel
punto di perdita si scopre un'ulteriore degenerazione della lamiera
per una lungheza di circa 5 cm., ci serve un caffè per
riodinare le idee, ci ritiriamo un momento in casa. Riprendiamo,
si pulisce tutta la zona interesata alla riparazione e proviamo
a rinforzarla stagnandoci una piastrina di lamierino di rame,
sembra venuto bene! Raddrizziamo il serbatoio e versiamo dentro
un bicchiere di benzina, tiene!! Apriamo un cartone di Tavernello,
che era sullo scaffale, e brindiamo, ma non facciamo in tempo
a posare il bicchiere che sul banchetto sotto il serbatoio comincia
a vedersi bagnato di benzina.
Sconforto e delusione! Non si molla! Ci vuole un'idea!
Un lampo, il vetroresina!! Robi ha riparato alcuni giorni fa una
ammaccatura arruginita e con buco nella macchina della moglie.
Un salto a casa sua ed il barattolo della vetroresina è
sul mio banchetto.
Il serbatoio dell'R45 e' sul "tavolo operatorio",
inizia la preparazione asportando tutto il materiale depositato
in precedenza, pulizia accurata ed inizio intervento.
Con un pennello si spalma il primo strato poi un
secondo ed un terzo con fasi di essicazione intremedie.
Operazione perfettamente riuscita! Abbiamo terminato il Tavernello!
E' arrivato il D-Day, è un lunedi dell'ultima
settimana di giugno, il tempo è buono e promette bene,
le giornate sono generosamente lunghe di luce.
Sono le ore 6, il ritrovo è davanti al passo
carraio di casa mia, arriva Gilberto, Robi ritarda, fumiamo una
sigaretta, arriva, si era fermato a fare benzina!
Si parte, le moto sono cariche ma ben equilibrate,
niente carichi sporgenti oltre le sagome, non abbiamo tende o
sacchi a pelo, si va in albergo o pensione o affittacamere, quello
che si trova!
Si imbocca l'autostrada per Trieste, il viaggio è regolare,
traffico e tanti autotreni sulla tangenziale di Mestre.
Nelle vicinanze di Portogruaro ci fermiamo in un'area di servizio
per rifornimento, colazione e sgranchimento gambe.
Si riparte ci alterniamo a capoguida, tutto ok.
Uscita a Trieste, breve sosta, una sigaretta, pulizia
visiera caschi, un'occhiata alla cartina, andiamo per il centro
o per la strada alta?
Poichè dobbiamo andare verso il confine
di Bassovizza, propongo di prendere la strada alta che passa per
Villa Opicina, così posso rivedere la caserma dove ho svolto
il servizio militare, la proposta è accettata.
Passiamo da Villa Opicina (Poggioreale del Carso)
vedo il muro di cinta della caserma, rallento arrivo davanti al
portone d'ingresso "Reggimento Piemonte Cavalleria",
per un attimo mi rivedo quando mi presentavo al capoposto per
la libera uscita e si apriva il cancelletto e andavo in paese
a piedi e salivo sul trenino a cremagliera che portava giù
a Trieste, avevo 20 anni, un attimo di magone e via!
Qando si passa il confine si ha veramente la sensazione
che da quel momento comincia l'avventura, siamo in Slovenia, andiamo
subito al cambio e scambiamo 200.000 lire a testa in dinari, ci
danno un pacco di soldi! Facciamo il pieno, avevamo calcolato
di arrivare in riserva perchè la benzo lì costa
meno!
Controlliamo il carico, le cinghie delle borse,...
hopss.... un fazzoletto da collo che avevo appoggiato sulla sella
si era infilato tra le pastiglie ed il disco del freno posteriore,
mentre i miei compagni sghignazzano e spipacchiano, io mi esibisco
in una cantilena di imprecazioni degna del migliore cantautore,
devo aprire il coperchio delle pinze, togliere una pastiglia e
sfilare il pezzo di fazzoletto, rimetto a posto il tutto e dopo
20 minuti ripartiamo.
Direzione Rijeka (Fiume), passiamo Kozina, ci ricordiamo
che nelle vicinanze di Podgrad, quando siamo passati 2 anni fa,
avevamo visto a lato strada, una griglia enorme sopra cui girava,
infilata da davanti a dietro, una bellissima pochetta che lentamente
si rosolava, era il momento giusto per verificare che fine aveva
fatto e se l'usanza era stata mantenuta.
C'era e sembrava fosse ancora lì ad aspettarci!
La sosta è stata obbligatoria, non potevamo mancare all'appuntamenmto
con la porchetta! Porchetta e funghi da favola, meglio la birra
del vino, non parliamo del caffè, ci aggiustiamo il palato
con un grappino alla prugna.
Si riparte , al bivio Rijeka - Opatija si prende
per quest'ultima, la strada è costiera, a sinistra c'è
il mare, a destra la montagna, bella panoramica, meglio viaggiare
con attenzione la strada è stretta e la zona è turistica.
L'imbarco per l'isola di Cres si prende a Brestova
e si sbarca a Porozina, la traghettata dura una ventina di minuti.
Sbarchiamo, sono le quattro del pomeriggio di questo lunedi dell'ultima
settimana di giugno, il sole è ancora alto, (c'è
l'ora solare!) dietro di noi il piccolo traghetto riceve il carico
per il ritorno, ma non c'è quasi nessuno, un vecchio Ape
Piaggio fumoso e rumoroso e qualcuno a piedi con dei sacchi in
mano, il mare di un blu incredibile è rigato da fili di
schiuma bianca che si allargano davanti alla prua del battello.
Ci togliamo i giubini da viaggio, fa caldo, ci togliamo
anche il casco, usiamo una bandana, ci sembra di essere in un
paesaggio lunare o equatoriale, non riusciamo a definirlo.
Imbocchiamo l'unica strada, indicata come panoramica,
che attraversa l'isola per tutta la sua lunghezza. Scorre, praticamente,
al centro del territorio, in qualche punto si avvicina alla costa
per poi allontanarsi alla prima curva, il contorno è roccioso
ed abitato da sterpaglia ingiallita e piante secche, nell'aria
si sente odore di paglia e di piante o radici aromatiche.
Arriviamo a Cres, principale citta dell'isola omonima,
è carina, c'è un bel porticciolo che un tempo, probabilmente,
era di pescatori ed ora è attrezzato ad uso turistico.
Proviamo chiedere informazioni in un ufficio "turist
biro", non troviamo quello che ci soddisfa, decidiamo di
prenderci un caffè e dare un'occhiata alla piantina più
dettagliata che abbiamo catturato nell'ufficio precedente; il
caffè sembrava fatto con la paglia, ormai ci siamo rasegnati,
lo standard del sapore è quello, eppure nei bar hanno le
stesse macchine che da noi - Faema o Gaggia- bohhh... soprassediamo!!
Decidiamo di andare avanti, il tempo è bello.
Dopo Cres l'isola si allarga e la strada continua
a scorrerle in mezzo tra terreni rocciosi e oasi di macchia mediterranea,
è diritta e dolcemente ondulata - collinare, non incontriamo
nessuno, è una goduria, ci lasciamo trasportare da questo
nastro che sembra voglia accompagnarci lui in qualche posto.
In lontananza vediamo un bivio venirci incontro, il primo con
un cartello, Martinsica.
Ci fermiamo, alla nostra destra si vedeva il mare che usciva da
un'insenatura che sembrava volerlo abbracciare senza riuscirci,
andiamo in quella direzione.
Imbocchiamo uno stradello asfaltato che un tempo
era sicuramente una mulattiera e che ci conduce senza tanti complimenti
verso una località ad un livello più basso, non
ci sono curve improvvise o difficili, è abbastanza regolare.
Arriviamo in una spianata dove si vedono 3 o 4 case di tipo rustico,
ci fermiamno, spegnamo i motori, espletiamo qualche formalità
diuretica, il silenzio è totale, una cicala che un attimo
prima friniva si è zittita, incredibile nessun ronzio di
fondo contrariamente a come siamo abituati in città dove
silenzio significa poco rumore.
Ci guardiamo attorno, vediamo una casa dignitosamente
tenuta con annesso un terrazzino che ospita un paio di tavoli
con sedie e un ombrellone tipo spiaggia, ci avviciniamo, la cicala
riprende il lavoro interrotto, sulla porta si presenta una Signora
che salutiamo per tranquilizzarla e le chiediamo se capisce l'italiano
e se questo posto potrebbe essere una specie di pensione perchè
ci piacerebbe fermarci almeno una notte.
Sul viso della Signora si disegna un sorriso e
in un italiano che è una via di mezzo tra il veneto ed
il friulano ci dice che se ci accontentiamo di cucina semplice
campagnola possiamo rimanere, ma per dormire dobbiamo rivolgerci
al suo vicino che ha camere libere perchè i figli erano
andati ad abitare in città. Camera con letto matrimoniale
ed un singolo, uso di bagno; si avvicina il tramonto, il viaggio
comincia a farsi sentire, accetiamo. Non chiediamo nemmeno il
prezzo!
Scarichiamo una parte del bagaglio, quella contenente effetti
igenico-personali, li posizioniamo in camera, io e mio fratello
sul matrimoniale e Gilberto sul singolo.
Ciabatte e pantaloncini corti, una bella sciacquata
( l'acqua è gelata, non si capisce come e da dove venga).
Usciamo e guardiamo la casa costruita con sassi pezzi di roccia
e travi di legno contorti, tuttavia ha una sua dignità.
Andiamo dalla Signora ( 50 mt.) che aveva apparecchiato un tavolo
sul terrazzo, ci sediamo. Ad un metro o forse meno dalla ringhiera
del terrazzo ( in roccia spianata) parte uno strapiombo che va
giù per circa un centinaio di metri verso l'insenatura
simile ad un fiordo. Il sole arrossisce avvicinandosi all'orizzonte,
manca poco per essere inghiottito dal mare, una lunga striscia
arancio-rossa si proietta sull’acqua e si addentra nell’insenatura
verso di noi, da dietro il promontorio spunta una barchetta spinta
a remi che per un attimo taglia il riflesso strisciante del sole
e continuando sparisce oltre l'altro braccio dell'insenatura.
E uno spettacolo incredibile, guardiamo ammutoliti tutta la scena,
non c'è niente da dire, le sigarette accese si sono consumate
nel posacenere.
Mentre il sole se ne va a dormire ci impegnamo
ad assaggiare una bella zuppa di verdura, che è anche buona,
poi arriva una portata di salciccini fritti un pò tenaci,
ma saporiti, contorno di pomodori e cipolla, bere: acqua di fonte
o latte proveniente dall’unica mucca della stalla accanto.
Facciamo due passi e controlliamo che le moto siano
posizionate bene sui cavalletti, ammiriamo il cielo stellato,
sembra uno di quei sottofondi di cartapesta blu stellata che si
usa nel presepe.
Andiamo a letto, ci buttiamo e non facciamo nemmeno caso ai materassi,
ci addormentiamo accompagnati dal concerto dei grilli.
Un'urlo straziante ci sveglia, è giorno,
ma sono le 6, l'urlo si ripete per diverse volte, ci svegliamo
completamente, corriamo fuori a vedere cosa succede.
Dietro casa c'è una piccola stalla dove il Vecchio ci tiene
un somaro che, quando spunta il sole si mette a ragliare in quella
maniera che ci ha impressionato. Ci viene anche il sospetto che
il Vecchio abbia dormito nella stalla per lasciarci la camera!
In cucina ci ha preparato la colazione, latte appena munto, bollito
( che profumo!), pane, biscotti, marmellata ed un bricco di caffè;
non mi ricordo di aver mai più bevuto un latte di tale
buon sapore.
Decisione presa all'unanimità: fissiamo lì il nostro
campo base.
La giornata si presenta bene, commentando e ridendo
sullo strano modo con cui ci siamo svegliati approntiamo le moto
con attrezzatura da mare ( asciugamani, ciabatte, pinne e maschera)
e ci avviamo nuovamente sulla panoramica direzione Malj Losinj.
La strada è discreta, rettilinea, lunghi
dossi, niente traffico, sorpassiamo un camion tutto giallo.
Osor è l'ultimo paese di quest'isola che è collegata
a Losinj tramite un basso ponte.
Vediamo un "Supermarket" e ci fermiamo, facciamo scorta
di sigarette, bottiglia di vino locale, grappa alla prugna.
Malj Losinj località turistica con alberghi e ristoranti
e c’è anche una pineta sovrastante un'insenatura
che ci ispira. Ci fermiamo qui, le moto stanno all'ombra e percorrendo
uno stradello di 20 mt. circa siamo sulla spiaggetta di ghiaia
dell'insenatura.
L'acqua è fresca, ma è bella limpida,
con la maschera si possono osservare, sul fondale roccioso, dei
ricci di mare e qualche pesciolino colorato, io ho visto una stella
marina rossa. Sulla spiaggia c'è gente che si crogiola
al sole, le donne sono in topless, siamo circondati, non sappiamo
dove guardare, fissiamo il mare!
E ora di tornare, raccogliamo le nostre cose e ci avviamo, bella
giornata!
Le moto sono lì che ci aspettano fedeli
e silenziose, ci cambiamo, cerco le scarpe, le avevo messe a terra
sotto la moto. Non ci sono più, - ragazzi non fate scherzi
dove mi avete nascosto le scarpe? - Robi e Gilberto si guardano
e mi guardano, loro non centrano, in conclusione mi hanno rubato
le scarpe. Poichè non riesco a guidare la moto nè
scalzo ne con le pinne, la soluzione è andare in paese
e comperare un paio di scarpe. Gilberto rimane di guardia, salgo
dietro, in moto, con Robi e ci avviamo verso il paese, non si
trova un negozio di scarpe. Ci incamminiamo, io scalzo, verso
il porto dove si vedono molte baracchine con suovenir ed altre
cianfrusaglie per turisti, sperando di trovare almeno un paio
di sandali.
Appese al palo di sostegno di un tendone, legate
per i lacci e a cavalcioni come un caciocavallo, un paio di scarpette
marrone chiaro fanno bella mostra di se, dondolano un pò
come per farsi notare meglio, la tomaia è formata da tante
striscie di pelle intrecciate fra loro, non c'è altro!!
Chiedo la misura, - 42 - è la mia, le prendo!
Torniamo verso la moto, Robi mi guarda e fatica a trattenere uno
sghinazzo, tuttavia il problema è stato risolto.
Gilberto, nell'attesa, si è letto tutto il depliant degli
alberghi del luogo ed anche le scritte sul pacchetto delle sigarette,
non so cosa abbia capito! Era tutto in sloveno e tedesco. La reazione
quando mi vede scendere dalla moto con queste scarpette è
eloquente, scatta una risata liberatoria a tutti e tre, finalmente
partiamo.
Durante il tragitto di ritorno, ogni tanto, alzo i piedi dalle
pedane come ad evidenziare le scarpe nuove, ridono!!
L'aria frizzantina del tardo pomeriggio ci ristora
dal calore accumulato in spiaggia, entra curiosa dalle gambe dei
pantaloncini, dalle maniche della maglietta e se ne esce dietro
gonfiandola. L'atmosfera della giornata che si avvia al tramonto
è rilassante, la luce c'e ancora, è solo meno violenta,
dietro noi lasciamo le nostre sagome allungate che non ci sorpassano
mai! I motori sembrano godere e girano lisci con un filo di gas.
La Signora del casolare, sentendo il pulsare dei motori che si
spengono sotto casa ci da uno sguardo scostando, quel tanto che
basta, la tenda che protegge la porta di casa dal sole.
Una doccia veloce e siamo in postazione terrazzo
pronti a godere dello spettacolo che madre natura ci vorrà
offrire. La meraviglia si ripete! Il sole è là in
fondo vicino all'orizzonte, di colore giallo - arancio, una striscia
di luce dorata scivolando sull’acqua raggiuge l'insenatura
sotto di noi. Il mare leggermente increspato, come una coperta,
aspetta che il sole s’immerga completamente per dargli la
buona notte. Non c'è la barchetta del pescatore, però
questa sera abbiamo il pesce, non capiamo cosa sia, ma è
buono, sembra branzino!
Contorno di patate lesse, cipolla e pomodoro, i sapori sono buoni,
recuperiamo la bottiglia di vino acquistata al mattino al "Supermarket"
di Osor. Evapora in un attimo!
Ci ritiriamo per sederci su una panca davanti la casa dove dormiamo.
Esce il Vecchio con uno sgabello in mano e si siede
di fronte a noi, parla abbastanza bene l'italiano con un accento
fortemente veneto.
Ci presentiamo, da dove veniamo, cosa facciamo ecc....,
ma vogliamo sapere di lui.
E' vedovo, ha terra lì attorno, ma i suoi 2 figli non ne
hanno voluto sapere di fare i contadini o i pastori, “c'e
terreno adatto per allevare capre!”, sono andati in fabbrica
sul continente. Si lamenta che nel paese (Jugoslavia 1989) c'è
una situazione economico-politica molto pericolosa ed ha paura
che succeda qualche cosa di brutto.
L'atmosfera si fa un pò mesta, qualcuno
propone di assaggiare quella specie di grappa alla prugna che
abbiamo acquistato al mattino, il Vecchio va a prendere 4 bicchierini
da liquore, sono decorati con due cerchietti dorati ed un motivo
blu, la situazione si risolleva ed il discorso cade sull'asino,
è il suo mezzo di trasporto, il suo furgoncino.
Qualche battuta finale e ci ritiriamo.
Mi sveglio per primo sono le 8,30, non si è
udito il richiano dell'asino! Abbiamo poi imparato che il Vecchio
aveva tacitato il somaro prima che cominciasse.
Alle 9 il somaro si sfoga a tutta potenza, è
impressionante!
La giornata trascorre in replica della precedente, esclusa la
variante delle scarpe.
Dopo cena saldiamo i conti del mangiare e del dormire, lasciamo
anche la mancia, è stato un soggiorno rustico, ma genuino.
E' mattina, sono le 7,30 ed è il momento
di partire per tornare a casa, fissiamo per bene i bagagli alle
moto, salutiamo il Vecchio che ci vuole abbracciare uno per uno,
ringraziamo e gli facciamo tanti auguri, lasciamo la bottiglia
di grappa alla prugna sulla panca della sera a ricordo.
Avviamo i motori e, come per contorno o per saluto, l'asino si
esibisce in una ragliata che quasi copre la voce degli scappamenti.
Partiamo con un sorriso e la convinzione di aver vissuto un momento
quasi magico e sicuramente irripetibile.
La strada del ritorno non ha quasi storia è
la replica dell'andata, compresa la fermata a Podgrad con relativa
pochetta, il cameriere ci ha riconosciuto e ci ha offerto il grappino
alla prugna finale. Siamo tutti d’accordo: evviva la prugna!!
Il confine, l'autostrada Trieste – Bologna, un buon caffè!.
Nella monotonia della guida autostradale, la mente ripercorre
i momenti di quei tre giorni che già ora sembrano lontani,
ma che qualche cosa dentro ci hanno lasciato.
La strada è piatta come lo è tutto intorno, qualche
vigneto, qualche campo di mais, scorre veloce ai lati del nastro
di asfalto.
Una leggera foschia da caldo-umido appare all’orizzonte
e ci avvisa che siamo in procinto di entrare nella pianura padana,
sul raccordo di Mestre la solita fila interminabile di autotreni,
siamo sempre in sorpasso, facciamo attenzione alle macchine che
cambiano corsia senza segnalare e che sono il pericolo maggiore
per i motociclisti.
Qualche sosta strategica per rifornimento e sevizi igienici ed
usciamo a Ferrara, siamo a casa!
Attrversando la città ho la senzazione di essere mancato
per tanto tempo, ma tutto è rimasto uguale a come l'avevo
lasciato.
Siamo tornati al punto di partenza, ci fermiamo
un attimo, ci guardiamo, ci diamo la mano , grazie della compagnia!
Alla Prossima!
In memoria: L'amico Gilberto, citato nel racconto,
per 12 anni compagno di tanti km., non è più tra
noi, è stato portato via da un cancro alla gola, scambiato
per tanto tempo per raucedine, nel 1998
Giovanni Mazzoni
giov.mazzoni@tiscali.it